Editoriale


Il fisico studia gli atomi, ma egli non è un atomo. Il microbiologo studia i microbi, ma egli non è un microbo. L’economista, non diversamente dal sociologo, studia la società della quale fa parte: egli non è estraneo all’oggetto del suo studio nel senso particolare in cui si può affermare che lo sia il cultore di scienze naturali.

Paolo Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, 1974, p. 3

Non è sempre chiaro se chi scrive ha qualcosa da dire. Per evitare che il dubbio sorga a qualcuno fra i nostri lettori, aggiungiamo questa breve presentazione, con l’intenzione di far intendere il senso del nostro parlare.

Il nome di questa rivista è stato suggerito da una signora intervenuta a un’assemblea del movimento dell’Onda a Bologna nell’autunno dell’anno scorso. Il suo breve discorso ruotava attorno a un trattore, l’R60, progettato e prodotto dagli operai che nel 1950-51 occuparono le Officine Reggiane. In sintesi, la sua domanda agli studenti universitari era: cosa uscirà dalle facoltà occupate e da una generazione di studenti impegnati nella società?

Il nostro gruppo di studio nasce per offrire a chi studia o si interessa di economia politica uno spazio dove mettersi in gioco, ragionando su intuizioni e proposte che non rispettano i canoni ortodossi della disciplina. R60 rivista studentesca di economia politica continua su questo percorso, chiedendo ai partecipanti di scrivere articoli che rispettino alcuni requisiti:

  1. il tema deve essere concreto e attuale, cioè non puramente metodologico;
  2. l’approccio, gli strumenti e i concetti devono avere un contenuto innovativo e in rottura con la teoria neoclassica;
  3. l’analisi deve tener conto della storia, anche in termini evolutivi, e delle relazioni interpersonali;
  4. chi scrive deve essere disposto a mettersi in discussione e a mettere in discussione gli altri.

Gli articoli che trovate in questo numero della rivista sono il nostro primo esperimento di mettere in piedi e raffinare alcune riflessioni che sono nate nei nostri incontri o nelle nostre discussioni. Non c’è la presunzione di costituire una svolta del pensiero, ma la volontà di allargare il discorso per provare a capire questa società, ragionando senza pregiudizi con strumenti diversi da quelli standard. I tre articoli si occupano di ambiti della ricerca economica molto diversi tra loro e usano metodi differenti (dall’elaborazione teorica alla ricerca sul campo, dall’analisi critica della politica economica alla storia del pensiero economico contemporaneo). Tutti e tre esplorano la natura sociale e politica dei rapporti economici, superando l’astrazione della teoria economica dominante.

Il primo articolo illustra come l’economia sia immersa nei rapporti sociali attraverso l’analisi di un caso di studio riguardante la filiera del grano biologico nella provincia di Verona. Da questo studio è emerso che il biologico o il solidale non sono semplicemente una forma di preferenze individuali del consumatore. Si tratta piuttosto di discorsi e pratiche sociali che strutturano i rapporti economici, costituendo un vero e proprio campo di rapporti di potere.

Il secondo articolo critica i presupposti di economia politica che stanno alla base della linea della Banca Mondiale nei progetti di riduzione della povertà. Secondo la visione espressa dalla Banca Mondiale è la mancanza di risorse (in primo luogo di capitale umano) a porre l’individuo in condizioni di incapacità e da questo si deduce poi la necessità di politiche che favoriscano la crescita economica. Tuttavia, in questo quadro teorico la povertà viene rappresentata come un problema degli esclusi, senza comprenderne la natura sistemica. Al contrario una delle tesi fondamentali di questo articolo è che non si possono studiare i poveri senza inserirli nella loro società e nei rapporti di potere che la contraddistinguono.

Il terzo articolo presenta la Scuola della Regolazione, una scuola di teoria economica nata in Francia all’inizio degli anni ’70. La caratteristica principale di questa corrente di pensiero è che, al contrario dei neoclassici che considerano le istituzioni come delle rigidità e degli ostacoli, i regolazionisti le considerano la vera “mano invisibile” che dà al mercato una certa coerenza e sostengono che le istituzioni emergono dai conflitti sociali in ambito economico (e non da una selezione in base all’efficienza).

Una nota finale: la rivista è interamente autogestita e autoprodotta. La speranza è che possa divenire un “luogo” di aggregazione e di incontro per quanti condividono queste nostre idee e valutazioni. Ogni contributo, quindi, è ben accetto. Contattateci.

Lascia un commento